Etica d'Aristotile tradotta

Title

Etica d'Aristotile tradotta

Description

Parchment; ff. I (paper) + 180 + I (paper); mm. 260_180 (164_113); 27 lines. 'Text written in a well formed humanistic bookhand by a single scribe; the rubrics, in majuscules, by another scribe who used excessive punctuation. [...] Written in Florence by a scribe who seems to have specialized in copying vernacular texts; the rubrication is by a different scribe identifiable as "Sinibaldus C." who worked for Vespasiano da Bisticci; the codex was decorated by Gioacchino de' Gigantibus, probably in Florence before 1453 when he moved to Rome' [A. De la Mare].

Date

1450 c.

Contributor

Type

Prose

Identifier

Is Referenced By

De Ricci, v. 1, p. 651, n°216; Faye and Bond, p. 35, n°151; Hankins 1997: 124 n°1704; Shailor I, 202; Iter V, 278; Hankins 1991b: n°53.

Audience

Manuscript ID

99

Foliation

ff. 1r-180v

Seen

Yes

Genre

Branch of philosophy

Internal description

<1r-6r> <prologue> proemio di messer lionardo darezzo nel ethicha daristotile tradocta di greco in latino et di latino tradocta in volgare in firenze ad petitione di messere nvgnio gvsmano spagniolo. / <inc> Io ho nuova mente ordinato e libri delletica daristotile tradurgli [sic] in latino non perché imprima non fussino traducti, ma perché erano in tale modo traducti che più tosto parevano facti barbari che latini. Imperò che eglie manifesto lauctore di quella prima traductione qualunque finalmente egli sia stato el quale niente di meno è chiaro essere suto dellordine de predicatori non avere saputo ne le lectere greche ne le latine. Perché in molti luoghi et le greche intendesi male et le latine sì puerilemente et indoctamente exprime [sic] che molto sia da vergogniarsi di sì inepta et crassa roçeçça. Oltradiquesto spesse volte non intendendo le parole le quali el parlare nostro ha ottime et aprobatissime et nella habondantia latina mendicante non sapiendo la parola greca farla latina quasi disperantesi et povero di consiglio lascia stare le parole greche come elle sono poste. <expl> Presi la fatica della nuova traductione nella quale lasciando andare l'altre cose penso pure avere conseguitato quello cioe che io ora primieramente habbi facto questi libri latini. Concio sia cosa che inançi non fussino.

<6r-v> <prologue to the Pope> proemio di messere lionardo d'arezzo nel ethicha daristotile mandato ad papa martino. / <inc> Glie manifesto beatissimo padre non essere cosa nuova ma gia insino dagli antichi frequentissimamente usitata che gli huomini che molto safaticano negli studii delle lectere scrivono \\diriçano// lopere delle loro fatiche a prencipi . La qual cosa mi pare che habbino facto non per proporre loro alcuna eruditione perché l'amore et la benivolentia dessi diventi alloro più nota. Et che della auctorità di coloro equali si scrivono e libri qualche auctorità sacresca a essi libri. <expl> Que libri addunque beatissimo padre io ti mando non perché io stimi che tu possi atendere a legergli. Imperò che io cognosco londe et le rebullitioni delle papali occupationi, ma perché ogni mia opera si riferisca in tuo nome. Et perché in verità io sospecto che saranno alcuni e quali forsi non intendendo le lectere greche, et per questo non potendo discernere e difecti del primo traductore contradirano a questa mia fatica. Però inançi per discussione dessi ho iscripto certe chose.

<7r-24r> <book I> incomincia il primo libro del ethicha daristotile tradotta da messer lionardo darezzo di greco in latino et di latino facta volgare in firenze. / <inc> Ogni arte et ogni doctrina et similmente ogni acto et electione pare che appitisca un certo bene. Onde bene dimostrorono e philosophi el sommo bene esser quello che tucte le cose appitiscono. Ma e pare che sia tra fini una certa differentia. Inperò che alcuni sono operationi, alcuni fuor di quelle certe opere. Ma in quelle cose delle quali e fini sono altri che actioni lopere sono migliori che loperationi. <expl> Imperò che noi
diciamo alcune delle virtù essere intellective et alcune morali. La sapientia in verita et la solertia et la prudentia chiamiamo virtu intellective; la liberalità et la modestia morali. Imperò che quando noi parliamo delle virtù morali non diciamo mai per ché glie savio et solerte, ma perche glie mansueto et modesto. Et lodiamo el savio secondo l'habito. Ma de gli habiti noi chiamiamo virtù quegli che sono laudabili.
<24r-36r> <book II>
<36r-55v> <book III>
<55v-74r> <book IV>
<74r-93v> <book V>
<93v-106r> <book VI>
<106r-126r> <book VII>
<126r-144r> <book VIII>
<144r-161v> <book IX>
<161v-180v> <book X> <inc> Seguita forsi al presente che noi transcorriamo el tractato della voluptà. Imperò che e pare chella sia familiarissima alla nostra generatione. Per la qual cosa e governatori amaestrano e fanciugli alla voluptà et al dolore. Et pare che importi assai alla virtù morale che ciascuno si rallegri di quelle cose che e debbe et habbia in hodio quelle che e debbe avere. <expl> Et per che cagioni alcune sono governate rectamente alcune pel contrario. Imperò che considerate queste cose forsi intenderemo noi più tosto qual sia della re.p. lo optimo stato et in che modo ciascuna re.p. sia ordinata et con che leggi et con che costumi. / FINIS / finisce il decimo et vltimo libro del ethica daristotile.

Record last updated

08/03/2013

Record last updated by

Eugenio Refini

Collection

Citation

Eugenio Refini, ‘Etica d'Aristotile tradotta’, in Vernacular Aristotelianism in Renaissance Italy Database (VARIDB)
  <https://wheat-gannet.lnx.warwick.ac.uk/items/show/4335> [accessed 5 October 2024]