L'Ethica d'Aristotile tradotta in lingua vulgare fiorentina et comentata
Title
L'Ethica d'Aristotile tradotta in lingua vulgare fiorentina et comentata
Description
4°. a-z4, A-Z4, Aa-Zz4, AA3. ff. 187: [1], pp. 3-547, [5]. Text in roman; commentary and titles in italics. 222×147 mm.
Creator
Publisher
Date
1550
Contributor
Relation
Type
Prose
Identifier
Alternative Title
Is Referenced By
Haym, Biblioteca Italiana: II, 393; Cranz-Schmitt 108.176; Langer 1999.
Spatial Coverage
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Edition ID
2
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London, BL, 30.h.18
Title page
[decorated frame] L'ETHICA / D'ARISTOTILE / TRADOTTA IN / LINGVA VVLGARE / FIORENTINA / ET COMENTATA / PER BERNARDO / SEGNI. / [flower] / IN FIRENZE / M D L.
Colophon
Stampato in Firenze appresso Lorenzo Torrentino Impressor / DVCALE del mese d'Agosto l'anno M D L.
Paratextual elements
1. [dedicatory epistle] to the Duke of Florence, Cosimo Medici (Florence, August 18th 1550), pp. 3-10 [ff. a iiir-bv].
2. prologue ("proemio"), pp. 11-16 (ff. b iir-[b iv]v).
3. index of subjects ("Tavola delle cose più notabili dell'Ethica"), ff. Zz iiir-AA iiir;
4. diagrams and figures throughout the work.
2. prologue ("proemio"), pp. 11-16 (ff. b iir-[b iv]v).
3. index of subjects ("Tavola delle cose più notabili dell'Ethica"), ff. Zz iiir-AA iiir;
4. diagrams and figures throughout the work.
Visual elements
Yes
Internal description
<p. 3> ALL'ILLVSTRISS. / ET ECCELLENTISS. S. IL / SIGNORE COSIMO DE' / MEDICI DVCA DI / FIRENZE SIGNORE / ET PAD. MIO. <inc> Se l'Ethica d'Aristotile, che hoggi in questa nostra lingua Fiorentina esce fuori, Illustriss. Principe sotto l'honoratissimo nome vostro, fusse dagli huomini diligentemente considerata et messa in istudio, non avverrebbe (et sonne certissimo) che tanti vitii regnassino in loro. <p. 10> <expl> di cui potendo ben dirsi che egli habbia bellezza, fertilità, commodità, sanità, animosità, et ingegno, per li quali beni egli avanza di gran lunga molti altri, si può più veramente affermare che il felicissimo Principe che lo regge risplenda quanto nessun altro che regni per prosperità di fortuna, per benignità di natura, et per virtù heroica. Di Firenze. Alli XVIII d'Agosto M.D.L. Di V. Eccell. Illustriss. Servidore Bernardo Segni.
<p. 11> <introduction> PROEMIO <inc> Per osservar quel costume che da' Greci espositori è stato laudabilmente osservato, non vo' mancare innanzi a questa mia fatica di non dir con brevità alcune cose in cambio di quelle che i Greci hanno chiamate [tà prolegòmena], et io le dirò qui cose da essere innanzi manifestate per maggior chiarezza di quello, che dappoi seguita di dirsi. <p. 16> <expl> et questa è per haver voluto la nostra lingua, che da tutta l'Italia è tenuta bellissima et honoratissima, arricchire di questa opera: la quale se ben nella greca et nella latina lingua è chiarissima et utilissima, non meno forse in questa che in quelle potrà mantener lo splendore et essere a molti di giovamento.
<p. 17> DELL'ETHICA / D'ARISTOTILE / LIBRO PRIMO. / Che il bene è da ogni cosa desiderato, et che li beni o li fini son diversi. Cap. I <text> <inc> Ogni arte et ogni dottrina et similmente ogni atto et ogni elettione pare che desiderin un certo bene; onde rettamente è stato dichiarato esso bene esser quello che da ciascuna cosa è desiderato. È ben vero che in fra' beni o (per me' dire) in fra' fini è una certa differenza; perché alcuni d'essi sono operationi: et alcuni son fuori delle operationi le stesse cose operate. Dove interviene adunche che fuori delle operationi sieno altri fini, quivi l'opere sono per natura delle operationi più eccellenti. Et conciosia che molte sieno l'operationi, l'arti et le scienze, però anchora interviene che molti sieno li fini, perché nella medicina il fine è la sanità, nell'arte del fabbricare le navi essa nave, nell'arte militare la vittoria et in quella del governo di casa il fine vi è la ricchezza. <p. 18> <comm inc> Dichiaratione sopra il primo Cap. / Ogni arte et ogni dottrina. Perché il fine nelle cose agibili è come il principio nelle cose speculative, di qui è che il Filosofo in questo libro, dovendo trattare de' costumi et delle virtù che son cose agibili, ricerca primieramente del fine; il quale (sì come io ho detto) è il principio et la cagione che elleno sieno operate. È anchor ragionevolmente ricercato questo, perché da prima si debbe cercare se la cosa è, et dappoi perché ella è. <p. 70> <text expl> Et questo si prova perché quando noi parliamo de' costumi, non mai diciamo che uno sia sapiente o sagace; ma sì bene che e' sia mansueto, o temperato: oltradiquesto si loda l'huomo sapiente per l'habito della sapienza. Et infra gli habiti si chiamano virtù quegli che meritano d'esser lodati. <p. 73> <comm expl> et trovatosi da lui questo fine, o principio esser la felicità ha discorso di lei secondo l'oppenione di molti filosofi et ha ritrovato lei essere operatione della parte ragionevol dell'anima secondo la virtù ottima, innanzi havendo disputato contra Solone intorno all'huomo felice; et nell'ultimo havendo fatto sufficiente division dell'anima per quanto sen'aspetti al conoscimento delle virtù, delle quali comincerà a trattare nel libro II generalmente incominciatosi dalle virtù morali. [figura]
<p. 75> LIBRO SECONDO / Come si generino le virtù intellettive, et come le morali. / Cap. Primo. <text inc> Essendo adunche la virtù di due sorti, una (dico) intellettiva; et l'altra morale: l'intellettiva (ripigliando) per lo più si genera, et si accresce per via delle discipline; onde interviene, che ella ha di bisogno d'esperienza et di tempo. Et la morale s'acquista mediante i costumi, onde ha ella havuto il nome che in greco è ella detta [hetikè]: il qual nome poco varia da [ethos], che significa in tal lingua Costume. Et di qui si vede che nessuna virtù morale è in noi per natura, conciosia che non mai alcuna cosa naturale s'avvezzi a fare se non in un modo; come è la pietra, che per natura andando al centro non mai s'avvezza <p. 76> a ire all'insù, né se bene uno diecimila volte in sù la gettasse per avvezzarlavi. <p. 77> <comm inc> Essendo adunche. Cap. I. Nell'ultimo del primo libro havendo distinta il Filosofo la virtù in Morale et in Intellettiva cerca hora delle cagioni efficienti di lei incominciatosi dalle morali, che ci son più cognite; dovendosi (come è stato detto innanzi) principiar dalle cose più cognite a noi. <p. 113> <text expl> Questo tanto ci si dimostri per li detti nostri, che l'habito del mezo sia in ogni cosa lodevole; et che e' si debba inclinare hora alla soprabbondanza et hora al mancamento: perché in tal modo si potrà ritrovare agevolmente il mezo et il bene. <p. 114> <comm expl> Et tanto basti in questo capitolo et nella fine del II libro, dove egli ha dato la diffinitione intera della Virtù morale, et ha insegnato trovare il mezo di lei; nella diffinition della quale, perché e' v'entra anchora l'elettione et alcuni altri atti intrinsechi, però nel principio del III libro ne parlerà conseguentemente et dappoi andrà esaminando in particulare ciascuna delle virtù proposte.
<p. 116-170> LIBRO TERZO
<p. 171-215> LIBRO QVARTO
<p. 216-276> LIBRO QVINTO
<p. 277-329> LIBRO SESTO
<p. 330-393> LIBRO SETTIMO
<p. 394-445> LIBRO OTTAVO
<p. 446-493> LIBRO NONO
<p. 494> LIBRO DECIMO. / Del piacere. Cap. I. <text inc> Doppo le cose dette è bene forse seguitare di dire del piacere, perché e' pare invero che e' sia molto propio dell'huomo; onde è in costume de' governatori de' giovanetti di instruirgli con il piacere, et con il dolore. Pare oltra di questo che il rallegrarsi onde si conviene, et l'havere in odio quello che si conviene, sia di molta importanza alla virtù morale; che queste due cose invero si estendono per tutta la vita, dando forza et momento alla virtù et alla vita felice: imperoché gli huomini eleggono le cose piacevoli et fuggono quelle che dan dolore. <p. 495> <comm inc> Doppo le cose dette. Ha il Filosofo come buon dipintore per tutto quanto il libro disegnato così in figura il fine humano et essa felicità; et hora in questo ultimo le dà l'ornamento et la forma et compisce il suo trattato. Innanzi adunche ha egli condotto i mezi per questo fine et hora eseguisce quello che fu prima in sua intentione; perché il fine nel vero è da prima inteso et nesso ad effetto nell'ultimo. <p. 543> <text expl> Doppo la qual consideratione fatta potremo noi forse meglio conoscere qual sia l'ottima Republica et qualmente ciascheduna sia ordinata et con che leggi et costumi ciascuna viva. Diciamo adunche così incominciandoci. <p. 546> <comm expl> Et nel decimo havendo ripreso il ragionamento del piacere come di cosa speculativa, et dipendente da virtuose operationi, mettendo a effetto la prima sua intentione, divisa la felicità secondo l'operationi virtuose in attiva et in contemplativa, dichiara esattamente che cosa sia l'una et l'altra; mostrando finalmente la contemplativa esser la più nobile, et più perfetta, et fine ultimo d'ogni operatione che sia fatta dall'huomo.
<Zz iiir-[AA iii]r> LA TAVOLA DELLE COSE / più notabili dell'Ethica.
<p. 11> <introduction> PROEMIO <inc> Per osservar quel costume che da' Greci espositori è stato laudabilmente osservato, non vo' mancare innanzi a questa mia fatica di non dir con brevità alcune cose in cambio di quelle che i Greci hanno chiamate [tà prolegòmena], et io le dirò qui cose da essere innanzi manifestate per maggior chiarezza di quello, che dappoi seguita di dirsi. <p. 16> <expl> et questa è per haver voluto la nostra lingua, che da tutta l'Italia è tenuta bellissima et honoratissima, arricchire di questa opera: la quale se ben nella greca et nella latina lingua è chiarissima et utilissima, non meno forse in questa che in quelle potrà mantener lo splendore et essere a molti di giovamento.
<p. 17> DELL'ETHICA / D'ARISTOTILE / LIBRO PRIMO. / Che il bene è da ogni cosa desiderato, et che li beni o li fini son diversi. Cap. I <text> <inc> Ogni arte et ogni dottrina et similmente ogni atto et ogni elettione pare che desiderin un certo bene; onde rettamente è stato dichiarato esso bene esser quello che da ciascuna cosa è desiderato. È ben vero che in fra' beni o (per me' dire) in fra' fini è una certa differenza; perché alcuni d'essi sono operationi: et alcuni son fuori delle operationi le stesse cose operate. Dove interviene adunche che fuori delle operationi sieno altri fini, quivi l'opere sono per natura delle operationi più eccellenti. Et conciosia che molte sieno l'operationi, l'arti et le scienze, però anchora interviene che molti sieno li fini, perché nella medicina il fine è la sanità, nell'arte del fabbricare le navi essa nave, nell'arte militare la vittoria et in quella del governo di casa il fine vi è la ricchezza. <p. 18> <comm inc> Dichiaratione sopra il primo Cap. / Ogni arte et ogni dottrina. Perché il fine nelle cose agibili è come il principio nelle cose speculative, di qui è che il Filosofo in questo libro, dovendo trattare de' costumi et delle virtù che son cose agibili, ricerca primieramente del fine; il quale (sì come io ho detto) è il principio et la cagione che elleno sieno operate. È anchor ragionevolmente ricercato questo, perché da prima si debbe cercare se la cosa è, et dappoi perché ella è. <p. 70> <text expl> Et questo si prova perché quando noi parliamo de' costumi, non mai diciamo che uno sia sapiente o sagace; ma sì bene che e' sia mansueto, o temperato: oltradiquesto si loda l'huomo sapiente per l'habito della sapienza. Et infra gli habiti si chiamano virtù quegli che meritano d'esser lodati. <p. 73> <comm expl> et trovatosi da lui questo fine, o principio esser la felicità ha discorso di lei secondo l'oppenione di molti filosofi et ha ritrovato lei essere operatione della parte ragionevol dell'anima secondo la virtù ottima, innanzi havendo disputato contra Solone intorno all'huomo felice; et nell'ultimo havendo fatto sufficiente division dell'anima per quanto sen'aspetti al conoscimento delle virtù, delle quali comincerà a trattare nel libro II generalmente incominciatosi dalle virtù morali. [figura]
<p. 75> LIBRO SECONDO / Come si generino le virtù intellettive, et come le morali. / Cap. Primo. <text inc> Essendo adunche la virtù di due sorti, una (dico) intellettiva; et l'altra morale: l'intellettiva (ripigliando) per lo più si genera, et si accresce per via delle discipline; onde interviene, che ella ha di bisogno d'esperienza et di tempo. Et la morale s'acquista mediante i costumi, onde ha ella havuto il nome che in greco è ella detta [hetikè]: il qual nome poco varia da [ethos], che significa in tal lingua Costume. Et di qui si vede che nessuna virtù morale è in noi per natura, conciosia che non mai alcuna cosa naturale s'avvezzi a fare se non in un modo; come è la pietra, che per natura andando al centro non mai s'avvezza <p. 76> a ire all'insù, né se bene uno diecimila volte in sù la gettasse per avvezzarlavi. <p. 77> <comm inc> Essendo adunche. Cap. I. Nell'ultimo del primo libro havendo distinta il Filosofo la virtù in Morale et in Intellettiva cerca hora delle cagioni efficienti di lei incominciatosi dalle morali, che ci son più cognite; dovendosi (come è stato detto innanzi) principiar dalle cose più cognite a noi. <p. 113> <text expl> Questo tanto ci si dimostri per li detti nostri, che l'habito del mezo sia in ogni cosa lodevole; et che e' si debba inclinare hora alla soprabbondanza et hora al mancamento: perché in tal modo si potrà ritrovare agevolmente il mezo et il bene. <p. 114> <comm expl> Et tanto basti in questo capitolo et nella fine del II libro, dove egli ha dato la diffinitione intera della Virtù morale, et ha insegnato trovare il mezo di lei; nella diffinition della quale, perché e' v'entra anchora l'elettione et alcuni altri atti intrinsechi, però nel principio del III libro ne parlerà conseguentemente et dappoi andrà esaminando in particulare ciascuna delle virtù proposte.
<p. 116-170> LIBRO TERZO
<p. 171-215> LIBRO QVARTO
<p. 216-276> LIBRO QVINTO
<p. 277-329> LIBRO SESTO
<p. 330-393> LIBRO SETTIMO
<p. 394-445> LIBRO OTTAVO
<p. 446-493> LIBRO NONO
<p. 494> LIBRO DECIMO. / Del piacere. Cap. I. <text inc> Doppo le cose dette è bene forse seguitare di dire del piacere, perché e' pare invero che e' sia molto propio dell'huomo; onde è in costume de' governatori de' giovanetti di instruirgli con il piacere, et con il dolore. Pare oltra di questo che il rallegrarsi onde si conviene, et l'havere in odio quello che si conviene, sia di molta importanza alla virtù morale; che queste due cose invero si estendono per tutta la vita, dando forza et momento alla virtù et alla vita felice: imperoché gli huomini eleggono le cose piacevoli et fuggono quelle che dan dolore. <p. 495> <comm inc> Doppo le cose dette. Ha il Filosofo come buon dipintore per tutto quanto il libro disegnato così in figura il fine humano et essa felicità; et hora in questo ultimo le dà l'ornamento et la forma et compisce il suo trattato. Innanzi adunche ha egli condotto i mezi per questo fine et hora eseguisce quello che fu prima in sua intentione; perché il fine nel vero è da prima inteso et nesso ad effetto nell'ultimo. <p. 543> <text expl> Doppo la qual consideratione fatta potremo noi forse meglio conoscere qual sia l'ottima Republica et qualmente ciascheduna sia ordinata et con che leggi et costumi ciascuna viva. Diciamo adunche così incominciandoci. <p. 546> <comm expl> Et nel decimo havendo ripreso il ragionamento del piacere come di cosa speculativa, et dipendente da virtuose operationi, mettendo a effetto la prima sua intentione, divisa la felicità secondo l'operationi virtuose in attiva et in contemplativa, dichiara esattamente che cosa sia l'una et l'altra; mostrando finalmente la contemplativa esser la più nobile, et più perfetta, et fine ultimo d'ogni operatione che sia fatta dall'huomo.
<Zz iiir-[AA iii]r> LA TAVOLA DELLE COSE / più notabili dell'Ethica.
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Eugenio Refini, ‘L'Ethica d'Aristotile tradotta in lingua vulgare fiorentina et comentata’, in Vernacular Aristotelianism in Renaissance Italy Database (VARIDB)
<https://wheat-gannet.lnx.warwick.ac.uk/items/show/4450> [accessed 21 November 2024]
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